Emilia Romagna
Salute
“Rifondazione” :
basta nuovi “acronimi”
Con l’accordo fra Regione Emilia-Romagna e i sindacati dei medici di Medicina generale sul coinvolgimento dei professionisti nei Centri di assistenza e urgenza, la Regione prova a ridare fiato ai Pronto Soccorso ormai al collasso per carenza di personale, ma sono evidenti le criticità della manovra.
Innanzi tutto riesce difficile immaginare che i medici di continuità assistenziale, fino ad oggi tenuti ai margini del SSR, privati di strumenti diagnostici e terapeutici, nonché della necessaria formazione, possano da un giorno all’altro occuparsi di una casistica di casi così vasta, come i cosiddetti “codici minori”, senza avere il supporto, da un lato, delle strutture ospedaliere, già ridotte all’ osso in termini di posti letto e di personale, e dall’atro dei pronto soccorso, costantemente sotto stress, e per i quali non è prevista assunzione di personale. È previsto invece il recupero di personale medico dalla soppressione di diverse unità di auto mediche in Regione. Andando ad aggravare il rischio che il vero sistema di pronto soccorso, quello che garantisce intervento immediato sul luogo ove si trova il paziente grave, venga seriamente depotenziato.
I medici di continuità assistenziale sono per la maggior parte precari, con estrazioni formative variegate, spesso medici specializzandi in diverse discipline, con poche ore di incarico sulle spalle. Serve quindi un investimento formativo su di loro, che richiede tempo e risorse.
L’accordo prevede che i CAU (Centri di Assistenza Urgente) siano collocati all’ interno delle Case di Comunità, e sappiamo che molte di quelle che erano state previste non sono ancora nemmeno state progettate e finanziate.
Senza adeguato supporto organizzativo e senza risorse dedicate, i CAU rischiano di diventare un ulteriore imbuto nel quale si allungano le liste di attesa, con il pericolo di sottovalutare sintomi apparentemente lievi, ma che potrebbero aggravarsi durante l’attesa, senza che il paziente abbia la possibilità di ricevere adeguata risposta.
È evidente che dalla situazione disastrosa del SSR non si possa uscire tirando da un lato una coperta che rimane sempre troppo corta.
L’unica soluzione è quella di investire risorse sul servizio sanitario pubblico, assumere personale, aumentare i posti letto, in modo da garantire a tutti l’ accesso alle prestazioni in tempi ragionevoli.
Elena Govoni
Responsabile sanità Rifondazione Comunista Emilia-Romagna