Cento (fe)
VM… Il Diesel ha i giorni contati?
Aria di crisi alla VM Motori
Nell’Italia post-bellica del 1947, nasceva a Cento, praticamenete assieme ad altri marchi che sarebbero diventati un punto di riferimento nazionale e mondiale per l”industria”, il marchio VM. Il parallelismo con gli altri nomi è obbligatorio, se si pensa alla “motor valley” emiliana. Termine che sta, giocoforza, diventando anacronistico perchè di “motor”, ormai, è “di moda” parlarne sempre meno. Il paragone dei simboli porta a un sospiro nostalgico, quando si
guarda il vecchio emblema elefantiaco, di stile futuristico, che assieme all’impeto del getto della proboscide (allegoria dell’iniezione di carburante “propria” del motore Diesel) fa venire alla mente Cavallini (ma sarebbe più giusto dire “cavalline”) rampanti, o Tori in posizione di “veronica”, cioè pronti ad incornare. La storia di questa fabbrica, tra sorrisi e lacrime, arriva fino ai giorni nostri con la proprietà del marchio (e di quello che ci sta dentro e dietro) nelle mani di una multinazionale che di “italiano” ha ben poco. La produzione attuale, tutta Diesel (“rigorosamente”), spazia dai motori per auto (suv compresi) e veicoli commerciali di cilindrata intermedia (dai 2200 ai 4500 cc), in “pancia” a diversi modelli del brand “Stellantis”, ma non solo, fino a quelli “storici” per l’agricoltura, il mare e gli impieghi “statici” (motopompe – gruppi elettrogeni etc.). Questo cappello è obbligatorio per arrivare alla cronaca di questi ultimi tempi ed alle considerazioni che ne conseguono. Preoccupa il livello occupazionale dello stabilimento centese, che dà lavoro a maestranze che provengono da tutto il territorio limitrofo ed a qualche impresa locale e che ha subìto un forte calo.
Eppure era solo “ieri” che si facevano nuove assunzioni vista la “ripresa” dei motori “Made in Italy”. Complici del fattaccio, diversi fattori: DieselGate e regole connesse – Elettrico – Concorrenza di produttori asiatici e via di questo passo. Sull’argomento “elettrico” abbiamo già scritto parecchio, e qui è solo il caso di ribadire le perplessità che ruotano, coi dovuti “distinguo”, sulla valutazione di quanto realmente incidano i motori a combustione interna sull’inquinamento prodotto dal settore automotive, su quanto, questo settore, incida rispetto alla globalità delle emissioni, su cosa (e come) viene utilizzato come “alternativa” a questo tipo di propulsione e sull’impatto ambientale che queste “alternative“ hanno. Dobbiamo ri-citare Bernhard Winkler (non il calciatore) che ha detto:”Demonizzare l’auto non serve. Se l’umanità fosse rimasta ai cavalli, oggi saremmo sommersi di sterco!”. La corsa ad una mobilità alternativa non ci stà facendo valutare le conseguenze delle scelte di oggi, ma così è stato anche per il petrolio, e probabilmente ai cavalli ci ritorneranno i nostri figli, visto che il litio delle batterie non è “inesauribile” e “noi” non ne abbiamo. Questo senza considerare aspetti geo-politici che, già oggi, ci rendono schiavi, di un certo tipo di regime, così come lo siamo del petrolio.
In barba alle possibilità che “già oggi” ci offrono carburanti più puliti, producibili in casa nostra, o l’idrogeno … senza voler scomodare il Dottor Emmet Brown di “Ritorno al futuro2” e la sua DeLorean a “spazzatura”.

Il fatto che “oggi” la politica (nella forma più estesa del termine) si accorga di questa crisi occupazionale è da valutare in chiave tristemente rassegnata. A cominciare dal fatto che chi si “preoccupa” ora di perdita di posti di lavoro è anche chi ha stabilito le regole di questa transizione “ecologica, si”, ma solo a casa nostra. Mentre viene da chiedersi come risolveremo “in elettrico” la mobilità “pesante” su gomma, lasciando stare il trasporto aereo o via mare (a meno di non pensare “nuclearmente”). Passando anche per i mezzi destinati all’agricoltura. Dice:”Si! Ma intanto cominciamo da qualche parte!” Ecco si.. cominciamo! Cominciamo col far valere il peso di chi governa. (Noi!?) Servirà contro un colosso mondiale che non ha ancora detto cosa intende fare? Ricordiamoci che anche gli immobili in un’area centrale commercialmente appetibile hanno “un valore” contabilizzabile.
Cominciamo anche a pensare che in VM ci sono dei settori che possono portare avanti la vita “tradizionale” dello stabilimento ancora per diversi anni… in attesa del dott. Brown.
di Lorenzo Guandalini
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